Storia di un amiciza: Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini
Io credo che se qualcosa di meno falso è uscito mai dall’anime nostre; se qualcosa di noi resterà, dopo la morte, nelle anime altrui, lo dovemmo e lo dovremo a quelle fredde feste d’inverno, a quelle fughe in due verso la terra ignuda e l’altezza pura.
G. Papini, Un uomo finito
Mi attaccai a lui come a una sorgente di soddisfazioni vitali, che nessun’altra attività mi aveva dato e che nessun altro uomo mi aveva fatto sperare. Papini fu una scoperta ed un tormento; l’ammiravo e l’amavo, e in certi giorni lo detestavo perché sapeva tanto più di me, troppo di più, e ci sentivo una genialità che ora mi scaldava, ora mi soffocava.
G. Prezzolini, L’italiano inutile
Verrà presentato da Emilio Gentile giovedì 30 ottobre 2003 alla Biblioteca Cantonale di Lugano il primo tomo del carteggio Papini – Prezzolini curato da Sandro Gentili e Gloria Manghetti per le Edizioni di Storia e Letteratura di Roma. Non si tratta di una novità assoluta in quanto un’edizione del carteggio fra i due amici era stato pubblicata negli anni sessanta dalla casa editrice Vallecchi, ma si trattava di una scelta parziale di lettere operata dalla stesso Prezzolini. Non saranno state un buon incoraggiamento le parole di Prezzolini stesso premesse all’edizione da lui curata, «una capace dattilografa è sufficiente a preparare un’edizione completa»[1], ma noi lettori di oggi aspettiamo con curiosità lo scioglimento di certe iniziali di qualche personaggio «che si sarebbe adontata di giudizi di due persone che avevan la penna pronta all’epiteto colorito»[2] e siamo avidi pure di quelle lettere d’affari o di minuti avvenimenti ugualmente tralasciati da Prezzolini e che aprono uno squarcio su vicende e su un mondo su cui chi ama i due autori è lieto di poter gettare lo sguardo.
L’amicizia fra Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, iniziata nel 1899 e durata fino alla morte, avvenuta per prima, di Papini nel 1956, è una di quelle pagine di storia non solo letteraria su cui più a lungo l’interesse dei lettori si è soffermato. Se, di solito, l’interesse del lettore comune, è scarsamente attratta dalla pubblicazione di un epistolario, sia pure di un autore amato, questo carteggio può fare eccezione e crediamo che molti dei lettori, per esempio, di Un uomo finito, non possano non sentirsi attratti dal conoscere direttamente i rapporti fra Papini e il Giuliano del capitolo X del libro. Il capitolo, intitolato semplicemente Lui, è esso stesso una lettera all’amico Giuliano, cioè il nome che Prezzolini aveva scelto come suo vero nome in opposizione a quello scelto dal padre per tradizione di famiglia[3]. Il capitolo dell’Uomo finito è paradossalmente l’unico documento scambiato fra i due in cui è possibile rilevare un sentimento di affettuosità e tenerezza che raramente affiora, e mai esplicitamente, nelle lettere; e, forse, oltre che nelle lettere questo elemento sentimentale dovette essere assente perfino nei rapporti diretti. Rimase certo sempre assente quell’abbandono a confessioni di natura intima o di passioni personali che non fossero quelle verso i libri o le idee (o forse è perché queste furono più forti di quelle?). Così scopriamo che Papini seppe del matrimonio di Prezzolini dal giornale, Prezzolini di quello prossimo di Papini, pochi anni più tardi, da pettegolezzi di caffè. Eppure allo stesso tempo Papini rammenta a Prezzolini gli anniversari del loro incontro, il venticinquesimo anno, il cinquantesimo, come fossero gli anniversari di un matrimonio.
L’incontro fra Papini e Prezzolini avviene nel 1899 e primo frutto del loro incontro è quel Proclama degli Uomini liberi che fra i punti fondamentali del suo programma prevede che «Ogni membro del gruppo aumenterà con studi e letture la propria cultura, ma dovrà mettere in comune, per mezzo di comunicazioni, conversazioni, conferenze e scritti, ciò che egli ha imparato o sta imparando». Di questo circolo si ricorderà sicuramente Prezzolini quando mezzo secolo più tardi nella sua Guida dell’autodidatta fra i mezzi di conoscenza oltre a libri, riviste e viaggi indica «una piccola società di amici, un gruppo di persone che per l’età o per la classe sociale o per simpatie di parte si trovano spesso insieme e comunicano e discutono»[4]. Papini affermerà che quello che resterà di loro sarà nato dalle esperienze fatte durante le fughe a due dalla città in «giornate piene di movimento, di osservazioni, di scoperte, di sbalzi di pensiero e di sentimento»[5], Prezzolini che quegli anni con Papini saranno la sua Università. Per questo debito o, presunto tale, nei confronti dell’amico, visto su un gradino superiore (il genio di contro a un uomo d’ingegno), Prezzolini risponderà a volte con unghiate alle carezze di Papini per salvaguare la propria personalità e non soccombere a quella dell’amico. Dal canto suo, Papini troverà sempre in Prezzolini il suo primo critico e i suoi consigli, a partire dal 1925 in poi, con la partenza di Prezzolini prima per Parigi a poi per gli Stati Uniti, saranno una grave mancanza. Il carteggio proseguirà sempre tranne che nel periodo della guerra, nonostante le difficoltà crescenti di Papini che a poco a poco vede le sue condizioni di salute peggiorare sempre più, fino a che le lettere saranno dettate, e negli ultimi tempi a costo di faticosi esercizi, alla nipote Anna. Due cose risaltano in queste lettere, la prima sono i continui appelli di Papini affinchè ritorni in Italia, la seconda il crescente pessimismo dei due amici, ma soprattutto di Prezzolini, che nel riallacciare i rapporti dopo la guerra, accetta di corrispondere ma scrive «Non parliamo di cose serie, occupiamoci di stupidaggini», manda caffè e latte in scatola, e parla dei suoi articoli come di scritti «unicamente per guadagno e non per fede che abbia nelle parole». Papini non risponde direttamente ma, un po’ continuando a mandargli le copie dei libri e delle riviste che continua instancabile a pubblicare e chiedendo all’amico di occuparsi di farli pubblicare in America, un po’ facendosi più pessimista dell’amico riesce a far ritornare l’antico compagno in Italia. Al ritorno in America Prezzolini scriverà che la cosa più grande trovata in Italia si era rivelata la lotta di Papini, quel miracolo di tenacia e stoicismo di quell’anima imprigionata in un corpo paralizzato, muto e cieco, eppure sempre vigile. Quell’eroismo non sarà stato senza effetto su Prezzolini che poco dopo deciderà di tornare definitivamente in Italia, scriverà altri libri importanti, dando inizio a un’opera di recupero della sua attività giovanile con la riproposta, per esempio, della Voce e degli epistolari dei protagonisti di quell’epoca. La ripubblicazione di quest’epistolario può rappresentare uno stimolo formidabile alla riscoperta di quel mondo.
Indicazioni bibliografiche
Per chi voglia approfondire la conoscenza dei rapporti fra Papini e Prezzolini e ne voglia conoscere i frutti si consiglia la lettura di:
Giovanni Papini, Un uomo finito, in Opere, Mondadori, Milano 1995
Giuseppe Prezzolini, L’italiano inutile, Rusconi, Milano1994
Giuseppe Prezzolini, Diario 1900-1941,Rusconi, Milano 1978
Giuseppe Prezzolini, Diario 1942-1968,Rusconi, Milano 1980
Giuseppe Prezzolini, Giovanni Papini in Quattro scoperte, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1964
Giovanni Papini-Giuseppe Prezzolini, Storia di un’amicizia, vol. I, 1900-1924, Vallecchi, Firenze 1966; vol. II, 1925-1956, ibidem, 1968.
Quest'articolo di Antonio D'Amicis è originariamente apparso sul secondo numero della rivista internazionale E-Leonardo (www.eleonardo.tk) diretta dal prof. LASZLO Alexandru.
[1] Giovanni Papini – Giuseppe Prezzolini, Storia di un’amicizia 1925-1956, Vallecchi, Firenze 1968, pag. 7.
[2] ibidem.
[3] «mi ribattezzai Giuliano per simpatia con Giuliano Sorel e con Giuliano l’Apostata». Si veda il capitolo Storia di un nome in Giuseppe Prezzolini, L’Italiano inutile, Rusconi, Milano 1994, pagg. 95-103.
[4] G. Prezzolini, Saper leggere, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1988, pag. 144
[5] G. Prezzolini, L’italiano inutile, cit. pag. 89