Gog

Gog, Vallecchi, Firenze, 1931

 

"Il suo vero nome era, pare, Goggins ma fin da giovane l’avevan chiamato Gog e questo diminutivo gli piacque perché lo circonfondeva d’una specie di aureola biblica e favolosa: Gog re di Magog. Era nato in una delle isole Hawai da una donna indigena e da padre ignoto ma certamente di razza bianca. A sedici anni, imbarcato come boy di cucina sopra una vapore americano, era sceso a San Francisco e aveva vissuto qua e là per la California, all’avventura. Dopo qualche anno, non si sa come, aveva messo insieme qualche migliaio di dollari e s’era trasferito a Chicago. Aveva il genio del business o un dèmone dalla sua perché in poco tempo il suo valore in denaro divenne enorme, anche per l’Ohio. Alla fine della guerra era uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti, cioè del pianeta. Nel 1920 si ritirò senza troppe perdite da tutte l’imprese e depositò i suoi miliardi un po’ qua e un po’ là in tutte le banche del mondo.
«Finora», disse, «sono stato il galeotto del denaro; da qui avanti dev’essere il mio servitore. Non voglio aspettare, come i miei simili, d’esser rimbambito per scoprire e godere».
Cominciò da quel tempo, per Gog, una vita nuova: di ricerche febbrose, di corse attraverso i continenti, di sorprese, di demenze, di fughe.
 (…) Un giorno (…) mi consegnò un involto di seta verde: «Leggete», mi disse, «son fogli che ho salvato nell’ultimo sbarco. Qui dentro c’è qualche pezzo del vecchio Gog. Ormai è arrivato per me il giorno che spunta più d’un sole e cedo col massimo sconto i cenci della notte».
 (…) Non si tratta, come il lettore vedrà, né d’un libro di memorie né tanto meno di un’opera d’arte. Sono, mi sembra, un documento singolare e sintomatico: spaventoso, forse, ma di un certo valore per lo studio dell’uomo e del nostro secolo (da Conoscenza con Gog)".

 

Copertina dell’Edizione Giunti del 1995

 

 


 

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