Superiorità dell’Italia

 

La nostra Italia, a paragone dei paesi grossi e grassi e degli imperi potenti e prepotenti, è forse piccola, povera, misera, sciupata, decaduta, e l’abita un popolo inquieto, volubile, riottoso, scettico eppur portato alla violenza. Ma, a dispetto di tutte queste inferiorità, vere o esagerate che siano, il popolo italiano è superiore a tutti i popoli della terra almeno in una cosa la quale non dipende dalla bellezza della natura, dalla dolcezza del clima, dalla grandezza della tradizione e dell’arte e neanche dall’acuta vivezza dell’intelligenza. E’ una superiorità che gli italiani debbono prima di tutto alla loro saggezza umana e alla loro anima naturalmente cristiana.

Nel nostro paese non si vedono mai cadere teste sanguinolenti, spiccate dal busto da una mannaia calante giù da un sinistro arco color sangue, rotolare in un paniere pieno di segatura. non si vedono mai creature umane col viso bendato, col collo stretto da un cappio di corda che ad un tratto, allo spalancarsi d’una botola, precipitano nel buio del vuoto e dell’orrida morte, alla presenza di sacerdoti impassibili, di magistrati burocrati, e di testimoni gelidi e anonimi.

Non si vedono mai, nelle nostre prigioni, le orribili celle della morte dove son condotti i criminali per essere fulminati dall’elettricità o uccisi dai gas avvelenanti.

Non si vedono mai, nel fossato di una fortezza o dirimpetto ad un muro bianco e nudo, dieci armati che sparano tutti insieme contro il dorso di un uomo solo legato ad una sedia, con le mani dietro la schiena.

Né questi né consimili atroci e assurdi spettacoli, che gridano vendetta al cospetto del Dio del Sinai e del Golgota, si vedono mai in Italia, mentre  sono faccende ordinarie e quasi quotidiane nei paesi che si credono o son creduti più civili e progrediti del nostro.

In Italia soltanto gli assassini assassinano, soltanto gli omicidi ammazzano i loro simili, soltanto i frenetici, i dementi e i bruti tolgono la vita i loro fratelli. La legge italiana non conosce e non ammette il diritto, da parte dei rappresentanti della ragione e della giustizia, di strangolare, decapitare, avvelenare, fulminare e fucilare gli esseri umani, anche se hanno commesso i peggiori delitti. In Italia, ringraziando il gran Dio Creatore, non esiste un pubblico ufficiale chiamato boia o carnefice. In Italia si contano ottocentomila cacciatori e parecchie centinaia di malfattori sanguinari ma non esiste un uomo che riceva dallo Stato un salario in compenso della prestazione d’opera per troncare la vita di altri uomini.

Il popolo italiano, a dispetto di tante sue tare e colpe, è superiore per molti versi agli altri popoli ma di nessuna superiorità può andare orgoglioso, secondo me, quanto di questo suo rifiuto del terribile diritto di vita e di morte sopra le creature fatte a immagine e somiglianza di Dio.

 

Giovanni Papini, Le felicità dell’infelice, Vallecchi, Firenze, 1956, pagg. 189-191

 

 

 


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